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Sigarette elettroniche e riduzione del danno, la vera rivoluzione sanitaria

(tratto da Sigmagazine #11 novembre-dicembre 2018) Manca ormai poco all’evento inaugurale del CoEHAR, il Centro di eccellenza internazionale per la riduzione dei danni da fumo che abbiamo istituito all'interno del Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell'Università degli Studi di Catania. Gli obiettivi principali del Centro sono: il consolidamento dei centri di ricerca esistenti, la formazione, l'istruzione, l'attività di advocacy e le partnership internazionali. I quaranta docenti del consiglio scientifico, provenienti da diversi dipartimenti dell’ateneo catanese, collaborano nell’ambito delle diverse strutture accademiche che il CoEHAR ingloba: il Cpct (Centro per la prevenzione e la cura del tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania), la Cro locale (Clinical research organization), i laboratori di microbiologia, una rete selezionata di biologia cellulare e molecolare ed il sostegno sempre attuale della Lega Italiana Anti Fumo – LIAF. Come sappiamo, il fumo è una delle piaghe mortali più diffuse al mondo. Smettere non sempre è facile e per milioni di fumatori passare a prodotti più sicuri è stata la svolta definitiva. L'emergere di strumenti come le sigarette elettroniche, lo snus e i prodotti a tabacco riscaldato sta offrendo nuove opportunità per il controllo e la prevenzione del tabagismo. E i risultati avuti in molti Paesi europei e anche negli Stati Uniti dimostrano che il cambiamento è già in atto. In Inghilterra, che è il Paese capofila nella lotta al tabagismo, come dimostrato dai recenti dati diffusi da PHE (Public Health England) il tasso di prevalenza di fumatori è sceso a meno del 15 per cento nel 2018 e, dal 2014 ad oggi, si è formato un esercito composto da un milione di fumatori in meno. Quasi tre milioni di persone nel Regno Unito stanno attualmente utilizzando le elettroniche, e si stima che circa 470mila fumatori stiano smettendo grazie ad esse. Tutto ciò grazie a politiche antifumo incentrate sulla promozione di strumenti alternativi più sicuri e meno dannosi. Negli Stati Uniti, sebbene l’allarme lanciato dalla Food and Drug Administration sul presunto abuso di Juul da parte degli adolescenti abbia suscitato una bagarre scientifica che ha ricoperto le pagine dei maggiori quotidiani di tutto il mondo, il dato ufficiale è che tutti coloro i quali (siano essi giovani o adulti) hanno avuto la possibilità di utilizzare l’ecig, hanno ridotto il numero di sigarette convenzionali fumate ogni giorno. Pochissimi fumatori che vogliono smettere di fumare, infatti, ci riescono davvero da soli (il 9 per cento è quanto dimostrato dalla società Eurispes) ed il risultato è lo stesso raggiunto anche nei nostri laboratori catanesi dove solo il 15 per cento di chi ha cercato di smettere da solo ci è riuscito mentre, tra chi ci ha provato affidandosi al supporto di uno specialista (che spesso consiglia strumenti alternativi), ci è riuscito il 50 per cento. Malgrado ci si preoccupi degli effetti sulla salute, non si rinuncia facilmente al piacere della sigaretta ed è per questo che l’utilizzo di prodotti meno dannosi potrebbe essere la scelta giusta. Tutta la comunità scientifica sta lavorando severamente affinché il principio della riduzione del danno venga condiviso ed utilizzato anche all’interno dei dipartimenti di politica pubblica internazionale. Promuovere l’utilizzo di strumenti alternativi come prodotti utili a garantire standard più elevati è il passaggio fondamentale per un cambiamento rivoluzionario. I nostri sforzi sono concentrati sulla possibilità di aprire un dialogo costruttivo e performante con l’Oms. Non si tratta più di un concetto o un’ipotesi, è un vero e proprio percorso, sanitario e governativo, che molti Paesi hanno già intrapreso con notevoli successi. Seguire il loro esempio virtuoso, comprovato da risultati oggettivi, è doveroso da parte di tutti. Non a caso, proprio di recente, sono stato invitato a partecipare a New York alla terza Assemblea generale delle Nazione unitesulle malattie non trasmissibili che - come sapete - sono rappresentate dal cancro, dalle malattie cardiovascolari, dal diabete e dai disturbi respiratori cronici. Si tratta di malattie considerate il principale rischio per la salute e lo sviluppo umano, che hanno come fattore di rischio primario proprio l’abitudine al fumo. Ed è in quella sede che abbiamo presentato le richieste più importanti per il futuro dello svapo: riconoscere l’uso di sigarette elettroniche come parte efficace della strategia di riduzione del danno; invertire la decisione presa alla Cop7 per invitare i Paesi a prendere in considerazione misure normative più restrittive sull’uso delle elettroniche e confermare che le sigarette elettroniche devono essere regolamentate come prodotti diversi dai tradizionali prodotti del tabacco. Ma rendere il mondo libero dal fumo, significa anche promuovere stili di vita sani partendo dalla vita di tutti i giorni. Occorre sostenere la rivoluzione culturale e sociale innanzitutto. Ed è per questo che tra le nostre attività principali c’è la formazione. Vogliamo offrire ai soggetti interessati percorsi formativi di eccellenza nel settore della smoking cessation e della tobacco harm reduction, che consentano non solo di trovare nuove opportunità di crescita ma anche di diventare portavoce e promotore di una grande rivoluzione. Il CoEHAR è già l’avamposto scientifico prescelto per combattere la battaglia mondiale contro il fumo convenzionale. Il suo approccio contribuisce alla trasformazione con un metodo innovativo e multidisciplinare. Noi lavoriamo per implementare la scienza, l’innovazione e la formazione. Stiamo attraversando un periodo di cambiamento epocale e da un cambiamento come questo può nascere una grande opportunità. Ma seguirlo significa anche monitorare i percorsi della scienza, criticarli e comunicali nel modo più corretto possibile. Purtroppo la proliferazione selvaggia di ricerche, che non si basano su standard di ricerca condivisi, è un problema serio. Sono urgenti standard internazionali per un rilancio del rigore nel campo della ricerca applicata alle nuove tecnologie per la riduzione del rischio. Auspico che esperti internazionali possano lavorare insieme per sottoscrivere delle linee guida in grado di garantire i più alti standard di qualità degli studi perché solo così riusciremo anche a creare una piattaforma di ricerca aperta, dove ciascuno potrà inserire il suo supporto accademico e la sua visione scientifica delle politiche antifumo. L’internazionalizzazione delle attività scientifiche è il terreno su cui sviluppiamo lo scambio di conoscenza con il mondo ed è così che condividiamo scienza di qualità. Un esempio, per concludere questo nostro appuntamento su Sigmagazine, è il recente studio pubblicato sull’International Journal of Chronic Obstructive Pulmonary Disease che suggerisce che l’uso di sigarette elettroniche può invertire alcuni dei danni derivanti dal fumo di tabacco nei pazienti con broncopneumopatia cronico ostruttiva (Bpco). Abbiamo dimostrato che smettere di fumare è una strategia chiave non solo per prevenire l’insorgenza della Bpco, ma anche per fermare la sua progressione verso stadi più gravi della malattia dato che molti pazienti con Bpco continuano a fumare nonostante i loro sintomi.

Sigarette elettroniche e salute, la rivoluzione epocale inglese dà i suoi frutti

(tratto da Sigmagazine #10 settembre-ottobre 2018) Lo scorso 3 luglio 2018 Public Health England, in collaborazione con Office for National Statistics, ha pubblicato un aggiornamento dei propri profili di controllo del tabacco diffondendo i dati sull’abitudine al fumo in Inghilterra nel 2017. Sebbene il numero delle morti attribuibili al fumo di sigaretta convenzionale sia ancora alto (78mila solo nel 2016), oggi nel Regno Unito ci sono 3 milioni di persone che usano le sigarette elettroniche e più della metà di loro ha abbandonato il fumo di sigaretta convenzionale. La crescente popolarità delle elettroniche ha spinto inesorabilmente verso il basso il tasso del tabagismo con una prevalenza che si è ridotta al 15 per cento in soli tre anni. Dal 2014, ci sono 1 milione di fumatori in meno. Dal 2011, anno in cui la prevalenza dei giovani fumatori si attestava a più del 25 per cento, si è giunti al 18 per cento del 2017 e, sebbene il numero di fumatori sia nettamente diminuito, ciò che desta particolare attenzione è che la prevalenza dello svapo rimane più o meno la stessa. A dimostrazione del fatto che sono stati gli stessi svapatori a smettere completamente di fumare. Attualmente i vaper inglesi sono più uomini che donne e l’età in cui lo strumento è più usato è quella compresa tra 35 e 49 anni. A provarla sono più i fumatori che gli ex fumatori e per quanto riguarda l’accesso allo svapo per i non fumatori, solo lo 0,4 per cento del campione che non aveva mai fumato ha riferito di aver svapato. L’utilizzo delle ecig è, per la metà dei soggetti intervistati nell’indagine di PHE (il 48,8 per cento), riconducibile alla voglia di iniziare a smettere di fumare. Novecentomila persone nell’ultimo anno hanno smesso sia di fumare, sia di svapare. E seicentomila fumatori hanno cambiato il loro stile di vita. Una percentuale significativamente più alta rispetto a quella osservata nel 2014 quando solo il 3,7 per cento dei fumatori aveva provato l’elettronica. Si stima che ci siano stati circa 485mila ricoveri ospedalieri attribuibili al fumo nel 2016-2017. Ridurre la prevalenza del fumo di sigaretta è quindi un obiettivo principale per il governo che ha stabilito un obiettivo di prevalenza del fumo per il Paese del 12 per cento entro il 2022. L’Inghilterra, ricordo, è stata la prima a garantire ai medici di medicina generale la possibilità di prescrivere le sigarette elettroniche come strumento efficace per aiutare a smettere. Ed è stata anche la prima a pianificare una campagna di comunicazione istituzionale che includeva l'uso delle ecigarette come metodo per smettere di fumare (Stoptober 2017). Quelli sin qui descritti sono risultati eccezionali che raccontano una rivoluzione epocale firmata proprio dal Paese che più di tutti ha dimostrato straordinaria capacità di promozione sanitaria, utile a prevenire le morti e a salvare milioni di vite umane. L’Italia sta invece perdendo una grande opportunità e, se i nostri nuovi governanti hanno davvero a cuore la salute dei loro cittadini, devono cambiare nettamente approccio e adeguarsi al meglio al modello anglosassone, che ha ridotto il numero di fumatori promuovendo una rivoluzione culturale e sanitaria senza precedenti. Se a livello normativo il nostro Paese sembra restare a margine di questo cambiamento, dal punto di vista scientifico invece, l’Italia sarà il primo Paese ad avere un Centro di Ricerca dedicato alla riduzione dei danni da fumo. Io ho già l'onore di guidarlo e avrò presto il piacere di inaugurarlo nel Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università degli Studi di Catania. L'obiettivo del CoEHAR, questo il nome del Centro, è quello di studiare gli effetti ed i danni prodotti sulla salute dal fumo di tabacco e di promuovere in particolare le strategie per contenere e ridurre il rischio fumo correlato attraverso l’impiego di nuove tecnologie.